Qualche anno fa, Najat Bensallem è stata una star della Mostra di Venezia. Oggi vende sigarette, di contrabbando, sulla Place Jeema el Fna. Nella sua camera modesta, qualche straccio appeso ad un chiodo, su di un muro dove la pittura è un lontano ricordo, svanito nel tempo, come lei. Una tavola è l’unico decoro, sopra di essa una sacca dove Najat ripone tutta la sua vita: qualche pacchetto di Marquises. Vendere sigarette al dettaglio, una dopo l’altra, nelle sue interminabili ore e minuti che si accavallano con il porgere le sigarette. Un lavoro il suo già fatto, quando era una ragazza qualunque, prima del famoso casting di Jaques Dillon. Su di un tavolino con due piedi, traballante, al lato della camera, alcuni souvenirs oramai vecchi, pezzi di giornali marocchini e internazionali che datano la sua gloria effimera, un consunto biglietto d’aereo per Venezia, alcune fotografie in Piazza S. Marco, sempre sorvegliata a vista dal suo chaperon, durante la proiezione del film “Raja” di Jaques Doillon alla Mostra del Cinema: “mi hanno accollato una signora che mi sorvegliava tutta la giornata perchè non scappassi“, e la sua risata è bella, pulita, una cascata di ghiaccio puro, circondata dal deserto. Il sole inonda la cucina, senza neppure un fornello per cucinare; l’ha venduto Najat, doveva pagare il backchic ai poliziotti, per poter restare sulla Place a vendere Marquises. I gatti di Moui Saâdia, la sua padrona di stanza, si stirano indifferenti davanti a due tartarughe, senza nome, di Najat. Seduta sul suo misero letto, scopre i suoi capelli, unico segno di femminilità che oggi possiede. Nasconde i suoi preziosi capelli dentro ad un cappello quando vende le sue Marquises sulla Place. Dissimula sotto questo copricapo, eredità del film di Jaques Doillon, e gioca una partita a nascondino ambigua. Quando Najat diventa anonima, è Raja del film eponimo che puo’ infine risplendere. Cosi’ la chiamano e tutti i piccoli venditori della Place della Apocalisse la conoscono da sempre con il nome da eroina del cinema. Tutti nel suo quartiere la salutano con “Raja, labasse?” e molti di loro non hanno visto il film, e lei sempre risponde con un laconico: “andava meglio prima, è molto dura“. Il giorno della proiezione, durante il Festival di Marrakech, molte ragazze sono uscite dalla sala prima della fine del film. Rifiutavano di vedere una marocchina incarnare la loro realtà, era troppo. Marrakech, la Ville Rouge rassomiglia sempre di più alla Piattaforma di Houllebecq, o a vecchi europei che vengono per comprare della carne fresca abbronzata, un tanto al kg, dura al tatto. Prigioniera a 22 anni di una malattia per vecchi, la nostalgia, Raja ricorda l’abbandono di Jaques Doillon e Pascal Gregory, l’attore francese suo compagno nel film.
Non ha mai più rivisto il regista che chiama da sempre con il suo nome, erano amici durante i ciak del film. Quando arrivo’ in ritardo per la premiazione come miglior interprete al Festival del Cinema di Marrakech, cerco’ Jaques con gli occhi, dopo la cerimonia. Non c’era più, era partito per la Francia. Lo chiamo’, era in aereoporto, stava imbarcando. Quella telefonata fu il suo ultimo contatto con un certo cinema francese. Un cinema fatto da attori sconosciuti, più reale della realtà, che usa e poi getta via. Cerco’ il suo compagno di lavoro, Pascal Gregory, seppe che era ancora a Marrakech. Lui gli regalo’ 1000 dh (90 Euro). Alla sua seconda visita l’attore preciso’ che “Monsieur Gregory non vive pù qui “. Oggi è lunedi’, giorno di riposo di Raja. Esce pulita dall’Hammam, il cinema puo’fermarsi, diventa ancora una volta Najat..ma prende una posa da diva troppo caricaturale. “Aspetta, nascondo la bottiglia dell’acqua, non voglio fare della pubblicità gratis“, precisa quando si trova davanti ad un fotografo che non sa neppure chi sia Raja o Najat. Purtroppo naviga a vista nel solco della mitomania e il suo leit- motiv è sempre: “Jaques mi promise la metà dei benefici del film, ma non ho ancora visto niente, niente“. Per il momento si accontenta di qualche sussidio offerto dal sindaco della città, niente di più. Poi si sveglia e mi dice che il suo sogno è quello di aprire un piccolo negozio di bellezza; ritorna Najat, senza orpelli: “Non esiste nel mio quartiere, lavorerei bene“. Raja l’attrice non vuole bambini, troppi problemi i bambini. Najat aggiunge che un vecchia ciste ovarica, non curata, l’ha resa sterile, per sempre. Un sogno di donna frantumato dal nulla della povertà, un sogno di madre maledetta per sempre, che Raja trasforma in un ciak personale, da attrice. La talentuosa Raja, bella come una dea, inspira boccata dopo boccata la dolcissima Najat, giorno dopo giorno, nel suo deserto di vita, come una Marquise.