Se le nonne indossano il nikab, le mamme lo zif, le loro figlie indossano un hijab..sexy!. Segno di una religiosità affermata e dichiarata, il velo si inserisce oggi come un fenomeno di moda con i suoi meccanismi mediatici e anche economici. Ma prima di questo, il velo passa per una fase impregnata di ideologie. “Dopo la fine degli anni ’70, il velo riapparve nel mondo islamico, sotto nuove forme, al punto di diventare, molto rapidamente, un fenomeno della società“, spiega il sociologo Driss Bensaid. La fine degli anni ’70 coincide con l’arrivo degli Ayatollah a Theran. A partire dal 1979, la donna iraniana è obbligata a lasciare tailleurs e gonne per il tchador. Da allora, in terra d’Islam, la “Assahwa” (risveglio) islamica fà il pieno e i movimenti islamici sono gonfi di adepti, e le donne velate. Il Marocco non inciampo’ pero’ in questo movimento. “Con l’Assahwa, il rapporto del corpo nello spazio pubblico e regolato dai precetti della religione“, scrive Khadija Moufid, professore di storia del pensiero islamico. “Dietro il velo si nasconde un concetto della donna come corpo . Mettere un foulard per evitare il corteggiamento nelle strada mi sembra un argomento stupido perchè foulard o no, la donna in Marocco è costantemente corteggiata a causa del maschilismo“, dichiara invece Bouchra Abdou, militante per i Diritti delle Donne in Marocco.
Il velo ha una storia marocchina. In ogni regione e in ogni epoca, questo accessorio ha avuto delle forme e degli usi differenti. I vestiti devono essere certamente conformi alla religione, ma devono anche sottomettersi alla tradizione del Paese e anche alle Regione di quel dato Paese. Oggi il velo tende a uniformarsi. Negli anni ’80, il velo era anonimo, grigio, ed era più una divisa che un accessorio. Attualmente la tendenza si sposta verso la mondializzazione delle forme, dei colori e della moda. Moufid scrive ancora che: “Il vestito ha conosciuto delle evoluzioni e delle frenate, essendoci state delle fasi di radicalizzazione e di moderazione. Radicalizzazione perchè per molte donne il corpo diventava centrale e si coprivano intergralmente tanto che molte altre lo esponevano in maniera provocante”. Queste due attitudini sono estremiste. D’altro canto si nota un prendi e molla tra donne che portano il foulard.
L’immagine tipica delle adolescenti è quella del foulard che lascia apparire qualche ciocca di capelli, jeans tassativamente slim e camicia che lascia intravedere le rotondità. Soukaina, 15 anni, dice che: ” metto il velo per convinzione, ma devo dire che mio padre ha insistito molto perchè lo indossassi“. Convinta o obbligata? I sociologi trovano normale il look degli adolescenti che appropiandosi della vita sociale e desacralizzando il velo si uniformano alle grandi tendenze mondiali. Da qui la fiorente nascita di negozi specializzati nell’abbigliamento islamico “trendy” come il franchising “Al mouhajjaba” (Il velo). Il velo comunque è sempre stato un soggetto di discordia in seno alle società musulmane e ancora lo sarà nel divenire. I ricordi degli intensi dibattiti che conobbe la Francia in merito ai segni ostentatori della religione, principalmente il foulard, è ancora nella memoria collettiva. Per mettere in chiaro la confusione intorno a questo soggetto in Marocco, l’Associazione Democratica delle Donne del Marocco (ADFM) ha realizzato uno studio sul “terreno” nel novembre 2007. Si voleva comprendere le ragioni profonde che spingevano un numero crescente di giovani donne ad indossare il velo come moda, valutare gli effetti della televisione per satellite nell’adozione di questo stile, e percepire l’impatto dell’uso del hijab nella partecipazione alle attività politiche e associative.
Nella maggioranza dei casi indossare il velo è una scelta non riflessa. I ragazzi invece sono più esigenti e chiedono alle loro ragazze più sobrietà nel velo e ogni categoria sociale ha la sua propria definizione del hijab. Le ragazze dai 15 ai 25 anni intervistate hanno delle conoscenze frammentarie sugli “ayats” e sugli “hadith“, relativamente al velo. Ciliegina sulla torta, per una buona parte delle giovani intervistate, esiste un profondo senso di colpa. Lo studio dimostra anche che il velo indossato per religione o politicizzato ha lasciato il posto al discorso sociale quindi niente puo’ oramai identificare una donna velata ad un movimento politico, ad una posizione ideologica o religiosa. Il vissuto delle donne velate è reso ancora più difficile nell’ambito professionale e secondo lo studio ADFM si denota l’enorme difficoltà a trovare un lavoro, in particolare nel settore dove la scelta dell’abbigliamento e determinata culturalmente. Si pensa che le donne abbiano il diritto di scegliere ma la realtà è che questo diritto è selettivo e questa discriminazione è un punto nero per le associazioni femministe del Paese. Al di là di questo dibattito nella società civile, a sfondo politico, tra le femministe islamiche e femministe tout court, l’ultima parola spetta alla gioventù che indossa il velo. Keltoum, studentessa di 23 anni, indossa il velo da oltre 10 anni e si dice perfettamente in armonia con se stessa ma, tra le righe, l’armonia lascia spazio alla confusione e alla schizzofrenia: “Non capisco perchè non ci lasciano entrare nelle discoteche?”. Velo e discoteca non sono compatibi?. Dichiara la ragazza: ” Per me è si, ma per paura di essere rifiutata e umiliata non oseri mai fare la coda davanti ad una discoteca indossando il velo“.