In Marocco lo chiamano cactus o fico di Barbaria, da noi é il fico d’India. E’ una pianta grassa che merita di essere valorizzata sul piano nutrizionale, alimentare, terapeutico e industriale, oltre che per il valore estetico. Tutte queste indicazione sono filtrate da uno studio presentato sabato scorso durante un colloquio, a Fès, su questa pianta. Secondo questo studio, realizzato da una equipe di ricerca dell’Università Caddy Ayyad di Marrakech e dall’Università Joseph Fourrier (Francia), il fico di Barbaria necessita di pochissima acqua e si adatta senza nessun problema ai climi aridi e semi desertici. In Marocco costituisce una biomassa interessante e abbondante, e la sua coltivazione presenta degli interessi socio-economici certi per il Paese, in generale e per l’agricoltura,ed in particolare per uno sviluppo integrato e durabile. Il fico di Barbaria é conosciuto per la sua ricchezza di acqua (90%) e la sua materia secca (10%), ricco in cellulosa e minerali.
I messicani si interessano essenzialmente alla valorizzazione alimentare del fico (napolitos), delle equipes asiatiche si interessano alla valorizzazione terapeutica e altri ancora alle caratteristiche chimiche di certe sostanze presenti al suo interno come gli acidi organici e i composti. Secondo questo studio, l’importanza economica della coltivazione risiede nei suoi frutti che hanno un valore nutritivo comparabile a quello delle mele, delle albicocche e degli aranci. La parte verde della pianta é usata come alimento per il bestiame, per il trattamento dei diabetici non dipendenti dall’insulina, per la riduzione del tasso di colesterolo nel sangue oltre ad una applicazione nel campo cosmetico. Personalmente amo molto questo cactus ed ho sperimentato la facilità nella sua coltivazione. In un qualsiasi periodo dell’anno spezzando una parte della pianta ed interrandola dal “vivo“, dopo qualche giorno inizia nuovamente il suo ciclo produttivo, crescendo in misura dell’acqua che gli si offre.
Più acqua riceve più le sue “pale” verdi crescono e si ingrandiscono. Ho nel giardino circa 200 fichi di Barbaria e quest’anno il raccolto é stato buono, calcolando anche le provvidenziali pioggie di settembre. La cosa più bella di questa pianta e che mi ricorda, guardandola, certi paesaggi del sud dell’Italia, certi angoli di Sicilia mai dimenticati, un profumo di caldo accecante, di luce abbagliante. I suoi fiori gialli sono bellissimi,come i frutti che a maturazione cangiano in arancio, e quest’anno, guardandoli, pensavo al bellissimo accostamento di colori che produce con il verde carico, cupo, della pianta. Noi umani, dalla natura, abbiamo tanto da apprendere, anche negli accostamenti di colore.
ciao paolo hai proprio ragione noi umani abbiamo veramente tanto da apprendere dalle meraviglie della natura ogni giorno day by day,ma veramente hai circa 200 piante di barbaria nel tuo giardino,dove paolo li a marra o a bled karmous”’ ANCHE NOI PAOLO NE ABBIAMO UNA MOLTO BELLA IN UN BEL VASO ,SAI ESSENDO IN LOMBARDIA NEL TERRENO GELEREBBE SOPRATTUTTO DI STI TEMPI FA UN FREDDO.
Ciao Gio’…non a Marrakech..non avrei il posto….al bled Karmous (karmous significa fico di Barbaria in arabo)……sono uno spettacolo quando sono in fiore……..in primavera, con una particolare luce di stagione, assumono un colore incredibile, un verde quasi indescrivibile….
ciao paolo magari riusciamo ad andare insieme a vederli ed a vedere bled karmous mi farebbe molto piacere,paolo il nostro soggiorno a marrakech si avvicina sempre di piu che bello…..a presto notte beslama gio.