Esodo di massa

L’operazione “Marhaba 2008” fà il pieno. Una tradizione lodevole, certo. Ma chi si preoccupa veramente  delle profonde mutazioni che attraversano la diaspora marocchina? Da quando venne creato l’EIIM (Stranieri nell’immigrazione marocchina) si continua a parlare e ora la nuova sigla é MRE (Marocchini Residenti all’Estero). Erano chiamati TCME (lavoratori e commercianti marocchini all’estero). Poi TME, dopo RME e in ultimo MRE. Non meno di tre istituzioni importanti si sono incaricate dei loro affari: un ministero, la famosa Fondazione Hassan II e, più recentemente un Consiglio Superiore. Il numero di questi “soggetti volanti non identificati” oltrepassa i 4 milioni, senza contare i “sans-papier” che invadono non solamente l’Europa ma anche il Golfo Arabico, una parte del Maghreb e anche Israele (dove rimpiazzano i palestinesi nei lavori più duri). Se si esclude la nuova ondata di immigrazione verso l’Italia, la Spagna e meno marcatamente il Portogallo, si puo’ constatare de visus l’emergenza di un homoexodus di estrazione marocchina che ha fatto suo il lutto del “ritorno“. Ritorno dove? In un Paese che non hanno mai visto? Verso una galassia che si rifà a dei codici socioculturali che ignorano e che vuole conoscere solamente il colore della loro carta di credito e la marca della loro decapottabile? In verità i responsabili, gli intelletuali, i giornalisti e anche gli artisti marocchini continuano ad avere un certo sguardo perimetrato su quelli che chiamano “i nostri fratelli immigrati“. I responsabili usano ed abusano copiosamente di un paternalismo choccante: “Non chiediamo altro che un ascolto responsabile e un dignitoso rispetto dei sacrifici dei nostri genitori e parenti” scandisce Imad El Horr, presidente dell’Associazione “2E21” (Bambini d’Europa nell’immigrazione). La terza e quarta generazione marocchina nata all’estero rifiuta chi riflette per conto loro sotto il registro della “cultura e identità“. Quando questi due aggettivi si limitano ad essere usati per investire in luoghi di cultura marocchina, edificati nei paesi ospitanti, queste giovani generazioni si vedono solo proporre delle prestazioni sul modo di pregare e sull’apprendistato della lingua araba. Per contro gli “intellettuali” marocchini che si sono fatti una carriera di “socio-specialisti dell’immigrazione” e quindi la loro “opera” é stata edificata per accertare le responsabilità della “cosa immigrazione“, continuano a epilogare sui MRE che hanno conosciuto negli anni ’60 e ’70. Rifiutano di vedere l’estinzione quasi totale della prima generazione che é stata nutrita dalla “più alta solitudine” di Tahar Ben Jelloun. Rifiutano a priori di riconoscere la desconnessione socioculturale della seconda generazione nata negli anni ’80. “Io conoscevo il Marocco attraverso qualche programma di canali satellitari in Francia. L’unica volta che l’ho visitato sono stato fermato all’uscita di una discoteca con dei miei amici e amiche. Al commissariato cosi’ come davanti al procuratore mi parlavano in arabo e mi hanno chiesto di rispondere in arabo. Più dicevo che non conoscevo questa lingua più mi insultavano. Non mettero’ mai più i piedi laggiù“, ha detto Farid, un francese dell’immigrazione marocchina, 19 anni, nato nel 1993. In realtà una opportunità storica é offerta al Marocco di questi tempi di vacche grasse, dove l’attrazione economica del Reame é sempre più visibile e forte. Questa opportunità deve articolarsi non solo sul paternalismo pietrificato dall’autosoddisfazione ma su degli obiettivi credibili. E’ più produttivo offrire delle opportunità di turismo e di investimenti diretti ai MRE piuttosto che continuare a pompare beatamente i “transfer monetari“. Un Paese dove lo sviluppo é strettamente connesso e consolidato dai transfer di risparmio come, un tempo, l’Italia, la Spagna o oggi la Cina, il Vietnam o la Turchia. E’ il momento che le Banche del Paese riflettano e sviluppino dei pacchetti di investimenti mirati agli immigrati con delle formule fluide e accessibili. Ad oggi il flusso dei transfer monetari dall’Europa non cessa di aumentare. Si attende la cifra psicologica di 50 miliardi di DH. Questo eclatante risultato che é per definizione furtivo e aleatorio inficia i responsabili e le istituzioni economiche che si limitano a fare delle grandi prove di immaginazione. La mutazione profonda che stà conoscendo la terza e quarta generazione di marocchini residenti all’estero puo’ essere estremamente benefica per il Reame, nel senso che questi giovani possono investire nei campi economici con un know-how (europeo) importante, risparmiando tempo ed energie. Potrebbero essere tentati per la vicinanza comunque con l’Europa e dai nuovi mercati africani. Ma c’é un prezzo da pagare; l’amministrazione pubblica, la giustizia e le istituzioni finanziarie dovranno fare una rivoluzione culturale. Il Marocco é il quarto Paese recettore di transfer monetari dagli immigrati nel mondo. Questi transfer gli assicurano la sua principale fonte di sostentamento insieme al turismo e agli investimenti stranieri. In 40 anni il volume di transfer monetari si é moltiplicato per 200. Secondo un recente studio dell’Unione Europea il Marocco é il più importante beneficiario dei flussi finanziari di immigrati nella UE. Si appropria del 11,5%  dei 18 miliardi di Euro inviati dagli immigrati nella UE. Il flusso arriva dalla Francia con 1,431 milioni di Euro, dall’Italia con 11,9 milioni e dal Portogallo con 1 milione di euro.

Font: Gazette du Maroc – Abdessamad Mouhieddine

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